Tivù, mon amour!

Che emozione…vedere Flavio Briatore che alla soglia dei sessant’anni, abbronzato e con più silicone sulle guance di “Big Jim Terza Età”, dichiara che, se fosse per lui, non si sposerebbe proprio, perché il matrimonio lo spaventa tanto tanto (si sa, quando si è così giovani…); ma che lo farà perché quando si ama bisogna anche rispettare i desideri dell’altra metà della coppia; e che già che c’è, visto che si sposa, farà anche qualche figlio, perché se no che ci si sposa a fare? Che tenerezza…vedere tra il pubblico la Gregoraci che metteva continuamente in mostra la parte di lei che si nota di più dopo le tette, cioè quella chiostra infinita di denti che si ritrova in bocca, mentre guardava quella cariatide danarosa che fra poco diventerà il suo sposo. Che commozione…sentire Flavio dire che la cosa che conta veramente nella vita è la salute, e lui che è stato seriamente malato lo sa bene. Sono d’accordo, Flavio, d’accordissimo con te. La salute innanzitutto, peccato che spesso la povera gente non abbia abbastanza soldi per curarsi quando si ammala.

Che spasso…sentire Signorini commentare le vicende di Grande Fratello e, a proposito di una questione che non aveva capito bene, udirlo esclamare “Scusate, signori, ma ho un buco nero!”. Non avevamo dubbi Signorini, non avevamo dubbi. Anzi, secondo me ne hai un paio: uno è dove dovrebbe essere il cervello. L’ubicazione dell’altro la lascio intuire ai mio inclito pubblico.

Che originalità…le trasmissioni su RaiMediaset. C’è Posta per te che fa incursioni nel Grande Fratello, che ospita i Cesaroni, che vanno ad Amici, che rivaleggia con X Factor, che viene spigolata da TI lascio una canzone, che scimmiotta Bravo Bravissimo, che fa l’occhietto alla Corrida, che segue a ruota i Raccomandati, che è presentato da Carlo Conti, che scopiazza Gerry Scotti, che fotocopia Carlo Conti, che imita Gerry…azz, mi sono incartata!

Che bella…la pubblicità della Breil (ammetto, molto ben fatta)! In un mondo distrutto dalla rivalità tra uomini e donne, in una landa desolata e immensa, due enormi gruppi di persone si fronteggiano. Da una parte uomini con visi anneriti dagli scontri immani sostenuti, ma tutti giovani e belli. Dall’altra donne con gli abiti laceri, ma tutte, che ve lo dico a fare, giovani e belle. E poi i due capigruppo improvvisamente uno di fronte all’altra con aria timida e bellicosa al contempo. Ma entrambi hanno l’asso nella manica: lei gli regala un orologio, lui un ciondolo brutto che più brutto non si può. Io non ho afferrato bene il valore simbolico di questi due oggetti, ma questo è l’atto catartico, il culmine dell’emozione che si scioglie in un abbraccio. E poi via, tutti a copulare per ripopolare il mondo di figli che saranno rigorosamente bellissimi. Ma lasciatemi cantare, con la chitarra in mano…no, quello è Toto Cutugno…Dunque, lasciatemi esprimere un’ennesima opinione. Io, se avessi ricevuto un monile come quello, fosse pure da Brad Pitt, fosse pure da Raul Bova, fosse pure dall’uomo che amo di più sulla faccia della terra…porca miseria, avrei anche io messo fine alla guerra, impugnandolo come un’arma e sterminando l’intero genere maschile a ciondolate!

B(l)o b(l)o…blogghete!

Tenere un blog non è un lavoro, non è un impegno, non è un dovere. Non c’è nessuno che mi obbliga a sedere e a digitare sulla tastiera parole che abbiano un senso se lette consequenzialmente, e infatti non sempre riesco a dare un senso a quello che scrivo, o a trasmetterlo. Tenere un blog però non è nemmeno solo uno svago, un puro divertimento, una perdita di tempo. E’ un mezzo per soddisfare il desiderio di far sentire ad altri la mia voce; uno strumento che mi permette di coccolare un po’ il mio egocentrismo e nello stesso tempo di vedere cosa c’è al di là del mio mondo fatto di piccole certezze, affetti sicuri, grandi sogni e giornaliere disillusioni.

Io non ci credevo per niente nella possibilità che qualcuno, un giorno, avrebbe “perso tempo” a leggere quel che scrivo su di me, su quello che accade, su quel che penso delle persone che mi vivono intorno e del mondo più o meno vicino a me. Non ci credevo nonostante a me piaccia leggere le vite degli altri, le loro storie, i loro deliri. Non ci credevo perché di fondo non riesco a credere di essere interessante per qualcuno e soprattutto di saper rendere interessante le piccole cose che fanno parte della mia vita. Per questo ora scrivo quest post confusionario, senza nemmeno sapere bene dove andare a parare. Tenere un blog a volte è anche cominciare a scrivere senza sapere bene cosa, quali concetti esprimere, quali frasi comporre e sperare che al di là dello schermo il lettore clemente continui a leggere anche solo per arrivare a dire alla fine: ma questa qui che voleva dire?

Ecco, ci siamo…ecco quello che volevo dire: grazie, a tutti quelli che passano di qui e apprezzano e commentano, o non apprezzano e non lasciano traccia, e ridono per le mie scemenze o si commuovono sul filo delle mie malinconie. E poi grazie a quelli che mi sopravvalutano perché a volte è bello essere sopravvalutati. E anche a quelli che mi hanno scritto che entrare in questo spazio è come respirare una ventata di allegria. Ma soprattutto grazie alla possibilità che il blog mi ha dato di “conoscere” persone che sento vicine a me nella forza, nell’ironia e anche nella debolezza. Internet non mi allontana dalla vita reale, sempre così concreta e talmente piena di cose e persone da non poter comunque essere ignorata; ma mi avvicina a persone che sono lontane da me di fatto e di cui non avrei altrimenti mai saputo l’esistenza. Non si offenda nessuno se dedico questo post, che scrivo per tutti quelli che stanno leggendo, in particolare a un gruppo di amici con cui, più che con altri, sono entrata in contatto.

A Gianfranca per le ore piccole fatte insieme a chattare su messenger o a scambiarci interminabili e coloratissime email piene di confidenze;

ad Alice, spietata e dolce, che mi fa una tenerezza immensa e che spero riesca, prima o poi, a trovare in tutte le sue cose il giusto equilibrio tra rabbia e amore;

ad Andrea, che definendomi una volta la sua “luce nella rete”, mi ha fatto il più bel complimento che abbia ricevuto in veste di blogger;

a Claudio Chit, che per primo mi ha “scovata” sullo spaces e che non manca mai di ribadire la simpatia che ha per me;

a John Doe, che mi ha schiattato l’anima per farmi cambiare piattaforma promettendo che mi avrebbe tecnicamente aiutata e mi avrebbe anche commentata più spesso; e che poi né mi ha aiutata e nemmeno mi ha commentata (che te possino!) ma che mi legge sempre, o almeno credo…;

a Lune (stringi i denti piccola!), con la quale ho parlato per ore al telefono (quando aveva tempo), che sa tanto di me e che con il suo carattere deciso mi ha fatta ridere e riflettere più volte;

ad Artemisia65, conoscenza recente ma che ha già conquistato un posto nel mio cuore perché è una Donna con la D maiuscola, e non se ne trovano tante in giro;

a Dyo (torna presto!!!), la mia sorella virtuale, che ancora conosco poco ma che ha avuto esperienze così simili alle mie che a volte penso di essere nata sotto la sua stessa (non proprio buonissima) stella;

e a tutti i protagonisti della mia piccola, grigiorosa vita, che popolano i miei racconti e i miei sogni e che si muovono su questo schermo con più agio di quanto riuscirei mai a fare io da sola 😉

Vi presento Kira

Quando Lollo ha compiuto gli anni, il 15 marzo scorso, gli ho detto che, visti i chiari di luna, non avremmo potuto fargli chissà quale regalo. Allora lui ha detto che non avrebbe chiesto nulla se gli avessimo preso un cagnolino. Sono anni che ci chiede un cucciolo, da quando Flip, la bestiola che avevamo prima, è andata via di casa la notte di Capodanno del 2004 e non è più tornata. E così da un paio di settimane è entrata a far parte della nostra famiglia Kira, tre mesi di ciccia e vivacità. Lollo è contento e nel canile c’è un cagnolino di meno che aspetta l’arrivo di qualcuno che lo ami e giochi con lui.

Un amore un po’ così

Questo post probabilmente non piacerà agli abituali frequentatori del blog, che mi conoscono ironica, brillante, leggera, scherzosa, acida. C’è anche l’altra faccia della luna di Alianorah, quello sulla cui superficie si muovono la malinconia sottile, il rimpianto, il romanticismo, la nostalgia. Aspetti che solo chi sa chi sono veramente può conoscere e riconoscere come miei e che possono deludere le persone che non li hanno intuíti.

Io scrivo poesie, ogni tanto. E ogni tanto mi innamoro. Veramente è più facile che scriva poesie in quanto non sono portata a innamorarmi spesso. Per la precisione, potrei dire che sono sempre innamorata, di cose, colori, film, libri, musiche, oggetti, situazioni. Ma l’Amore per antonomasia, quello l’ho provato raramente e per pochissime persone. E in genere per lungo tempo, perché sono poche le persone che riescono a piacermi al punto da sbilanciarmi e dire “Forse lui potrebbe…”. Generalmente queste persone non corrispondono alle mie attenzioni, ma una volta mi è andata bene. E grazie a questa fortunata coincidenza è nata una storia, e poi è nato Lollo. E poi è finita, perché gli amori finiscono, ma è bello pensare e ricordare che ci sono stati.

Ma l’amore non finisce mai, anche se si rivolge a diversi oggetti. E’ una forza dinamica, che produce altra forza, che genera emozioni contrastanti e “move il sole e l’altre stelle”. A volte le parole per esprimerlo non sono sufficienti, a volte non ci basta più la forma solita per descriverlo e declamarlo. C’è allora chi lo canta, chi lo balla, chi lo recita. Io lo rendo poesia, una forma di espressione che a molti non piace, che altri dichiarano di non capire, che alcuni snobbano perché poco moderna. Io scrivo poesie da quando avevo otto anni. Ho iniziato dedicandone una ad un albero che saltava. Poi ho attraversato la fase “alla mia mamma” e “alla mia maestra”. Sono passata attraverso uno stile pascoliano che, a sedici anni, mi faceva parlare del mio passato che non sarebbe tornato, o della mia vecchia casa in rovina (mai avuta una casa in rovina). Poi le solite poesie d’amore in versi sciolti, poi pausa. Poi…altro. E poi qualcosa che mi apparteneva come mai qualcosa prima. La poesia è diventata davvero un diverso modo di manifestare le mie emozioni. Daniele non l’amerà (a lui piacciono le poesie “sociali”). Alice non la capirà (lei dice che non capisce le poesie). Qualcuno sabdiglierà. Io la metto qui (l’avevo già pubblicata sul mio vecchio blog, per cui qualcuno l’avrà già letta) perché fa parte di me come tante altre cose che ho postato. E’ dedicata a un uomo per cui avrei potuto essere tutto e che avrebbe potuto diventare un porto a cui approdare al riparo dalle tempeste e da cui ripartire per affrontare nuove mareggiate. E’ dedicata a un amore che non è stato e non sarà, ma non per questo è stato meno amore di quelli che vivono, crescono e a volte muoiono. Perché la Storia dell’Umanità è fatta di Amori grandiosi, luminosi o torbidi che sconvolgono improvvisamente il corso naturale delle cose. Ma la storia degli uomini è composta di amori piccolini, che non sempre trovano il coraggio e la forza di volare, ma che, insieme agli altri amori piccolini lentamente “movono il sole l’altre stelle”. Leggetela, ci tengo. E già che ci siete suggeritemi un titolo.

Eccomi, sono io.

Sono l’amante.

Sono la madre.

Sono la figlia, la sorella, la rivale.

Sono la complice e la nemica.

 

Sono il principio

che governa ogni tua tempesta.

Sono la quiete d’oro

ai piedi dell’arcobaleno.

Sono l’argine che contiene il tuo fiume.

Sono il fiume in piena

che frantuma le tue dighe.

Sono l’assenza delle tue mattine

e l’eternità delle tue notti.

 

Sono la tua sola regola

e la sua unica eccezione.

 

Sono il sentiero buio

e la luna che lo accende.

Sono all’inizio della tua storia

e mi troverai al suo termine.

Sono la sabbia della clessidra

che segna il tuo tempo.

Sono la sabbia che non ha fine.

Sono nei tuoi chiari occhi vigili

e sotto le tue palpebre abbassate.

Sono la follia che sconvolge le tue ragioni

e la ragione di tutte le tue follie.

 

Eccomi, sono io.

Sono il percorso e la meta,

il mezzo e lo scopo.

 

Sono la tua sola regola

e la tua unica eccezione.

Piccolo spazio…pubblicità.

Sapete che ogni tanto mi piace fare incursioni nel mondo della pubblicità, soprattutto per criticarla, ma anche un po’ per ringraziarla perché nel mare magnum della piattezza televisiva, i consigli per gli acquisti sono ancora capaci, di tanto in tanto, di trasmettermi un fremito emotivo, generalmente di disgusto o di indignazione, ma sempre un fremito è. Ad esempio, ora, mentre La Falchi si ricicla ennesimamente in TV facendo l’oca con uno dei finalisti del Grande Fratello (che, potrei scommetterci, non aveva mai visto prima di stasera) ho sentito un’irrefrenabile impulso di scrivere, pur di sottrarmi a questo obbrobrio. Qualcuno di voi potrebbe dirmi che sarebbe più rapido spegnere la tv, ma io sono un’eccentrica, e ho i miei modi per evadere dalla triste realtà…

Qualche giorno fa ho avuto le mestruazioni. E ho provato a fare la ruota. Non è vero che con quel determinato assorbente si riesce a farla eh? Io non ci riuscivo prima e non ci sono riuscita nemmeno con i Lines Supeiperurrà! Come del resto non ero riuscita prima a guidare una moto, o a lanciarmi col paracadute. Una volta ho anche provato a mettermi su un cavalluccio al parco, per vedere se prendeva il volo come nello spot. Niente da fare. E poi dicono pubblicità ingannevole!

Un plauso va alle solite gomme da masticare Air Action. Lo scorreggiattolo* (che mi dicono dalla regia chiamarsi Cippi), non pago di aver risolto il problema degli incendi nei boschi, ha deciso di trasmettere la sua erudizione meteoristica e di trasferirsi al Polo Sud per combattere l’aumento della temperatura del globo terracqueo e il conseguente effetto “sglaciazione”. E siccome si sa che con il cu*o ci san tutti ragionare, la sua scienza viene immediatamente recepita da tre pinguini che, per citare il Sommo Poeta (Inferno, canto XXI), “del cul fanno trombetta” creando dal nulla un iceberg che fa impallidire quello che ipotermizzò Di Caprio nel 1912 (ed è per questo che Di Caprio si è mantenuto nonostante tutto, giovane, monoespressivo, ma giovane).

Per non dilungarmi troppo, concludo con una topica di mia madre. Dopo aver visto per la trentesima volta la pubblicità della Breil con la fascinosa Charlize Theron che pomicia con un orologio sulle note di “Pazza idea”, mi guarda con aria dubbiosa e mi chiede “Ma quella lì non è mica Patty Pravo!”.

No, mamma, quella lì NON E’ Patty Pravo.

QUESTA qui è Patty Pravo.

* Il termine “scorreggiattolo” non l’ho inventato io. Purtroppo.

Hot post

E’ sabato. E dovrebbe essere primavera. Ma piove un giorno sì e l’altro pure, per cui, sul fatto che è sabato potrei giurarci, ma sul fatto che sia primavera qualche dubbio mi comincia a venire. Anzi, sarei del tutto certa che siamo in autunno se non fosse per l’ormone che fa le bizze e inculca nella mia testa un po’ imbabbionita, pensieri malandrini. Siccome l’ormone o si sfoga nella realtà o nella fantasia, non avendo possibilità di attuare il primo tipo di esternazione, approfitto di questo spazio per scrivere un composito post ad alto contenuto erotico/demenziale. Chi mi ama mi segua.

Prendendo spunto da un mandato di Dyo (con la ipsilon!) e da una commessa di Hermansji , prendo uno e pago due (perché son furba) e vi spiattello

LE CINQUE CANZONI CHE MI PIACE ASCOLTARE MENTRE FACCIO LE CINQUE COSE CHE PREFERISCO FARE.

  1. Fare l’amore sule note della conturbante “The look of love” di Diana Krall.
  2. Fare l’amore sulle note della struggente “Schindler’s List” di Itzhak Perlman.
  3. Fare l’amore sulle note della funerea “Back to black” di Amy Winehouse.
  4. Fare l’amore sulle note della travolgente “We are the champions” dei Queen (mi piace di più “Bohemian Rhapsody” ma poi sembrava che copiassi Dyo).
  5. Fare l’amore sulle note della romantica “Mad about you” di Sting.

Siccome poi le cose da elencare erano sei, al sesto posto ci metto:

6. Fare l’amore sulle note di un tumultuoso temporale.

E per rendere meno monotono questo post, faccio una domanda ai miei lettori accaniti, e anche a quelli aggattiti, sia commentanti sia silenziosi.

SONDAGGIONE IMPICCIONE

Quando vi congiungete intimamente con un altro essere umano pensante (sono quindi esclusi aspirapolvere, materassi, bambole gonfiabili, ortaggi vari, Costantino Vitagliano, Flavia Vento), qual’è la “fase” che più vi piace?

  1. I preliminari, se e quando ci sono
  2. L’unione carnale (insomma, in modo meno tecnico diventava troppo scurrile)
  3. La tensione pre-orgasmica
  4. L’acme catartica
  5. Il dopo [qualunque esso sia: coccole, fumatina, “vado a comprare le sigarette” (e sparisce nella nebbia), “mia moglie non si addormenta se non sono rincasato”, “domani mio marito ti manda un sicario per evirarti”, DORMIRE, DORMIRE, DORMIRE].

Commentate numerosi e sbizzarritevi, tanto oggi è sabato e qui non ci passa nessuno!

Ve l’avevo detto che ho l’ormone impazzito eh?

Passo i due mandati iniziali, separati come erano in origine, a Picchio, a Occhidigiada, a Romano e a JohnDoe…tanto non li accoglieranno! E ad AmmiraglioK, che prima non li voleva e adesso sì 😉

UPDATE

Cari ragazzi, sarò pure pervasa dall’euforia primaverile, ma sta di fatto che sulle mie spalle le primavere cominciano a pesare un po’ troppo. Ieri, dopo aver cercato lungamente l’immagine adatta da aggiungere al post, ho trovato quella dei due pomicioni sotto la pioggia. Molto suggestiva…la osservavo e mi chiedevo…”Ma perché lei non lo abbraccia? Come mai tiene il braccio penzoloni e non sulla spalla dell’uomo?”. Ecco, or ora, dopo essermi ripetuta per la trecentoventreesima volta questa domanda, ho trovato la risposta. O meglio, ho guardato meglio dove ha la mano la fanciulla. Che mi consigliate? Occhiali o ospizio?

Come si cambia…ma anche no

Da un po’ di tempo il famigerato Figlio del Capo è più gentile con me, laddove “più gentile” è da leggersi con cautela e da tradursi con “meno stronzo”. Continua a dirmi che sono una tappa alta un metro e un foglio di giornale, che non sono molto intelligente e che ho un caratteraccio, ma a questi momenti, alterna manifestazioni di simpatia evidente che mi preoccupano non poco. Forse gli faccio pena, o un po’ di tenerezza: insomma, sono lì che faccio caffè, non bella, non giovanissima, un po’ sognatrice e un po’ disillusa, spesso con le palle girate perché le cose mi vanno bene una volta e male cento. In fondo pure lui avrà un cuore, dislocato da qualche parte lungo il suo metro e novanta e rotti di altezza. Ogni tanto mi dà un bacio sulla fronte, mi abbraccia fraternamente e una volta si è sbilanciato in un complimento. O che tale sembrava. Si parlava di quel tal manager della Telecom che, per spronare all’azione i suoi lacchè, durante un convegno o qualcosa del genere, ha portato come esempio la fulgida vittoria che Napoleone riportò a Waterloo.

F.d.C., ignaro di questo evento, ci pensa un po’ su e poi esclama:

F.d.C.: ma tu pensa, uno così è manager di Telecom e la mitica Alianorah lavora in un bar…che ingiustizia!

Alianorah: dici che sarei potuta diventare manager di Telecom pure io?

F.d.C.: manager no, ma magari telefonista…

A grande richiesta, introducing…

LA MIA MAMMA

Salve a tutti sono Lorenzo…o meglio Lollo. Si sono proprio io il superiperultrafiglio della “proprietaria” di questo blog (non sono vanitoso…è che mi disegnano così! 😉 ). Questo post è dedicato alla mia mamma che fino ad ora di post me ne ha dedicati tanti. Anche se sembra un pensiero banale per me lei è l’unica, è la mamma migliore del mondo che ascolta le mie lamentele, che ride alle mie battute anche se stupide, che mi consola quando sono triste e che (purtroppo) mi sgrida quando faccio qualche casino. Purtroppo (lo so che sono un po’ ripetitivo) non ha solo pregi ma anche qualche difetto. Il primo è la pigrizia (basti pensare che si sveglia mezzogiorno quando è presto). Il secondo è il suo incredibile pessimismo (non c’è una volta che pensi che le cose vadano bene!!!). Il terzo ed ultimo è che perde subito la pazienza. Nonostante tutto ciò è e sarà per me la migliore delle mamme.

P.S. Non sono molto bravo a scrivere le cose quindi se non ci si capisce niente… capitemi!!! Ciao da Lollo.

E per farvi capire quanto le voglio bene, ho scelto questa immagine…

Le voglio bene più che all’Inter (che è una cosa quasi inimmaginabile).

Da piccola

Da piccola pensavo di non esistere e che la vita che credevo di vivere fosse una semplice fantasia, il frutto della mente di chissà chi, un illusione, una nuvola. Una sorta di favola irreale in cui la mia figura si muoveva, ombra tra le ombre, vivendo emozioni che nascevano dal nulla e di nulla erano fatte; compiendo azioni che terminavano nel momento stesso in cui iniziavano. Mi domandavo se ero proprio io, quella che si guardava allo specchio, si toccava le guance, sentiva il suono del proprio respiro, il battito del cuore, il mormorio del sangue nelle vene. Ero io o un fantasma, un simulacro, un’apparenza? E se ero io, reale come sentivo di essere, intorno a me, le persone che vedevo erano reali anche loro, o parto della mia mente? A volte, quando ero sola, mi chiedevo se il resto del mondo, al di fuori delle quattro mura della mia stanza, continuava ad andare avanti secondo gli schemi che mi si mostravano quando agivo all’interno di esso, relazionandomi con gli altri. Mia madre, mio padre, la mia migliore amica. Il Papa, Raffaella Carrà, Cary Grant. Niki Lauda, la regina Elisabetta, Bokassa. C’erano, esistevano, mentre io non li vedevo, non li pensavo, non ponevo la mia attenzione anche superficiale e momentanea su di loro? Oppure prendevano forma e sostanza solo in quanto IO la davo loro, pensando che esistessero veramente?

Da piccola non credevo a Babbo Natale. La mia principale curiosità era scoprire dove diavolo nascondessero i miei regali mamma e papà e come facevano a metterli sotto l’albero così silenziosamente, la mattina del 25, tanto silenziosamente che non me ne accorgevo mai.

Da piccola parlavo da sola. Mi facevo delle domande e mi davo delle risposte. Non sapevo che, da grande, avrei saputo che le persone che si comportano così vengono considerate matte, geniali o Gigi Marzullo.

Da piccola temevo che se mi fossi addormentata con un braccio o una gamba che sporgeva un po’ dal materasso, qualcuno sarebbe venuto a trascinarmi via per sempre. Per questo restavo nei confini del rettangolo di molle e lana, e facevo attenzione a non sporgermi mai per non correre rischi.

Da piccola sospettavo di essere costantemente ripresa da telecamere nascoste che spiavano ogni mio movimento e che qualcuno, potesse osservare la mia vita da fuori. Avevo una sindrome da Grande Fratello ante litteram, ero una presunta protagonista di un Truman Show del tutto personale. Magari se avessi scritto per tempo questi pensieri, adesso sarei una ricca sceneggiatrice, o autrice televisiva; ma ormai chi ci crederebbe più che io da piccola pensavo già a queste cose?

Ora, a volte, mi guardo allo specchio e rivedo me stessa da piccola. Fatico a credere che il mio volto, le mie mani, il mio corpo abbiano superato i 40 anni, perché i pensieri, i timori, i dubbi di allora prendono ogni tanto ancora vita. Mi sembra di correre su un punto solo; di percorrere distanze infinite. Mi sembra di tornare indietro; di essere avanti anni luce. Mi sembra che tutti mi guardino; che nessuno si sia mai accorto della mia esistenza. Mi sembra di essere sola nell’Universo intero; che esistano tutti tranne me.

E mi chiedo: ehi, voi che mi leggete! Ci siete davvero o vi ho CREATI io?

Primo amore

Avevo sei anni quando lo vidi per la prima volta. Ero in prima elementare ed ero la cocca della maestra perché, unica su più di venti scolari, sapevo leggere. E qui apro una parentesi, anzi, una parentetica, come dice il mio migliore amico.

Il primo giorno di scuola, timorosa remigina (allora ci chiamavano “remigini”, perché la scuola iniziava sempre il primo Ottobre, giorno in cui si festeggia san Remigio, protettore degli orfanelli che vanno in giro con cani e scimmie e dei Memi Remigi che trovano strano innamorarsi a Milano), mi fu chiesto dalla maestra cosa sapevo fare. E io risposi “Leggere e scrivere”. La maestra mi fece leggere le prime pagine del libro di testo…poi le seguenti…poi le ultime. Si insospettì. Non era possibile! Probabilmente avevo imparato il libro a memoria, per questo lo sapevo leggere tutto! Per smascherarmi, il giorno dopo portò uno SUO libro, ma…sorpresa! Sapevo leggere anche quello! Sapevo leggere ogni cosa!!! Insomma…sapevo leggere e basta. Cavoli, io questa cosa non l’ho mai capita: per quella donna, sarebbe stato più normale che io avessi imparato a memoria chissà come l’intero libro di prima elementare, piuttosto che aver già imparato a leggere sui Topolino, come le aveva detto anche mia madre…Ora, conoscendo che tipa era la mia prima insegnante, forse capirete meglio tante cose anche di me.

Ma torniamo a bomba: erano i primi giorni di scuola e vennero a far visita alla maestra due suoi ex alunni che avevano terminato con lei le elementari l’anno precedente e frequentavano ora la prima media. La maestra fece le presentazioni e poi puntò il dito su di me, suo fiore all’occhiello (nemmeno fosse merito suo) e uno di loro mi si avvicinò, mi diede un buffetto sulla guancia e disse piano “Che carina…”.

Non lo rividi che 13 anni più tardi, nel corridoi della Facoltà di Giurisprudenza. Io 19enne, lui 24enne. Avevamo mantenuto più o meno tutti e due la stessa statura di quando ci eravamo visti per la prima volta. Non ci salutammo, ci scambiammo solo un’occhiata. Qualche tempo dopo ci trovammo a frequentare la stessa compagnia di amici, diventammo amici anche noi due. Poi io mi presi una cotta “papapapammmm”. A lui piacevo, ma era innamorato di un’altra ragazza che se non lo filava. Allora ci provò con me…per mesi e mesi mi corteggiò (insomma, si fa per dire), ci fu una breve storia che provocò a lui qualche fastidio e a me molto dolore. Fu il mio primo amore (ve l’ho detto che sono una tardona!). La cosa che ancora adesso mi fa sorridere, è che, quando mi aveva rivista 13 anni dopo il nostro primo incontro, all’Università, mi aveva riconosciuta e aveva pensato “Ah…però…”, che nel suo linguaggio ormai adulto, equivaleva più o meno a quel “Che carina…” di tanto tempo prima.