Nel mio penultimo post ho affrontato, nel mio solito modo leggero e un po’ scanzonato, un problema che a quanto pare ha attirato l’attenzione di parecchie tra le mie lettrici e anche di qualche lettore, quello cioè della magrezza eccessiva o dell’eccessiva esuberanza di peso. Premesso che occorre infischiarsene altamente dei pareri della gente, vorrei riportare l’attenzione di tutti su un lettore, Roberto, che mi ha segnalato il proprio vissuto, o meglio, il vissuto di una sua cara amica (ex compagna di vita) che in seguito a vicissitudini personali è entrata in depressione con conseguenti disturbi alimentari. Di certo io non sono una specialista, né una studiosa di psicologia o di tematiche correlate con questo problema. La sola esperienza che posso riportare è quella personale, legata a un periodo particolare della mia vita in cui un malessere fisico (dolori continui a schiena e articolazioni) mi aveva reso impossibile condurre un tipo di vita normale e di svolgere regolarmente il mio lavoro. L’erronea convinzione che non sarei più uscita da questo cul de sac, con conseguenze per me davvero drammatiche, aveva creato un circolo vizioso, per cui più mi demoralizzavo, più stavo male, e più stavo male, più mi demoralizzavo. Avevo perso il sorriso e la fiducia nel futuro, e sì, decisamente avevo perso il gusto per i piccoli/grandi piaceri della vita, tra cui quello del cibo. Mangiare era diventato un dovere e come tutti i doveri mi risultava particolarmente sgradito. I miei piatti preferiti sembravano conditi con la sabbia, dopo due bocconi mi sentivo sazia, dopo tre ero nauseata. Pur non essendo mai caduta nell’infernale trappola dell’anoressia, mi nutrivo a malapena, sforzandomi di fare qualche spuntino durante il giorno perché capivo di essere su una strada che avrebbe potuto diventare pericolosa. Poi, con l’aiuto di un medico che ha individuato la causa dei miei dolori fisici, ho pian piano ripreso fiducia, forza e volontà di andare avanti. Ora il F.d.C. mi dice che ho le braccia cicciottelle, e io ne sono contenta, perchè un po’ di tempo fa avevo due stecchini al loro posto, e non ero un bel vedere.
Il nostro cervello è un organo estremamente delicato e complesso, una macchina che facilmente può “grippare”, se sollecitata in modo sbagliato o sovraccaricata di stress e pressioni; da lì partono tutte le emozioni, le sensazioni negative e positive che proviamo, e lì ritornano, distorte quando le cose non funzionano come dovrebbero. Però in noi, per quanto in certi momenti possa sembrare impossibile, c’è nascosta da qualche parte la forza di uscire da qualsiasi stallo, di superare il dolore e gli ostacoli che sembrano insormontabili. Per trovare questa forza a volte è sufficiente la nostra volontà; altre volte è necessario un aiuto speciale, un sostegno che solo i medici o gli “addetti ai lavori” possono dare, e ce ne sono di validi ovunque. E poi, l’ingrediente fondamentale: la voglia di riuscire, il credere che farcela non è solo possibile, non è solo probabile, ma è certo, se lo si desidera veramente. Si comincia piano, con l’apprezzare di nuovo piccole gioie che avevamo perso di vista: il sorriso di un amico, un successo sul lavoro, l’affetto di un familiare, il sapore di una primizia, un raggio di sole dopo un temporale. E poi via via, ci si sprona, con fatica, con dolore, con sforzo immenso, perché a volte si vorrebbe solo chiudersi in una stanza buia, accoccolarsi su un letto e chiudere gli occhi per cercare di non pensare. E’ una strada in salita, piena di difficoltà, ma arrivati in cima si rivede il cielo sereno e si gode di un bellissimo paesaggio, quello del mondo e delle possibilità che ci offre. Allora possiamo ricominciare a godere la vita: con i suoi dolori e le sue gioie è una sola, dobbiamo giocarcela al meglio, e, possibilmente, con un sorriso.
Lasciate i vostri commenti a questo post, amici miei, cercando di far sentire a questa giovane donna che non è sola e che dalla depressione si esce. Grazie a tutti e…forza P. e Roberto!