Immagina. E basta.

Pensa di avere lo smartphone che desideri. Ti capita così, inaspettatamente, perché non avresti mai immaginato di possederlo. Lo vinci, lo trovi nuovo, dimenticato ancora nella confezione originale sul treno, te lo regalano. Insomma, ipotesi da fantascienza. Ce l’hai: è fashion, è glamour, è cool, è glitter, è slim, è fast, insomma faigo… e ci puoi fare tutto: scattare foto ad altissima definizione, connetterti alla rete, scaricare app (che non sai nemmeno cosa siano, ma puoi scaricarle), riprendere una fila interminabile di persone che dicono “cheeeeeeese” in coro, fare un filmino da mandare in tempo reale a tuo cugino a Fregene mentre tu balli il sirtaki a Skopelos (non a caso) con l’amore della tua vita. Però poi…è troppo complicato, e se sbagli e mandi in palla il software, e ci vuole troppa pazienza a imparare come si fa, e in fondo mica sai fare ste foto artistiche tu, troppo sofisticato per le tue potenzialità…E se non ci riesci, ci rimani anche male. Così con questo smartphone fantastico alla fine ci fai quello che faresti con un cellulare “normale”. Ci telefoni. E stop.

Pensa di incontrare una persona, che non avresti mai pensato incrociasse la tua strada. E invece è lì, di fronte a te, inaspettatamente ti sorride e tu pensi che a volte “immagina…puoi”. E’ fashion, è glamour, è cool, è in, è top. Insomma è faiga…e ci puoi fare tutto: ci puoi uscire, ballare, puoi abbracciarla, forse baciarla, realizzare un piccolo grande sogno. Però poi…è troppo complicato, e se sbagli mandi in palla il rapporto, e ci vuole troppa pazienza per aspettare i risultati, e in fondo mica sei mai stato un artista della seduzione tu, e lei è troppo sofisticata per le tue potenzialità. E se non ci riesci, ci rimani anche male. Così con questa fantastica persona ci fa quello che faresti con una qualsiasi altra persona “normale”. Ci parli. E stop. Anche se avresti voluto tanto fare con lei un video mentre ballate il sirtaki a Skopelos, per inviarlo in tempo reale a tuo cugino a Fregene.

Ma cos’è questa crisi?

Caro Babbo Natale,

in questo periodo di crisi, e con lo speranzoso timore dell’imminente fine del mondo, mi porto avanti col lavoro e ti scrivo in anticipo la mia letterina. Si sa mai che tu abbia ancora qualche soldo, o che voglia sbrigare ogni incombenza prima del 21, così, tanto per darci l’illusione che il prossimo sarà un Natale proprio come tutti gli altri…

In genere, per il 25 dicembre, ricevo in regalo capi di abbigliamento, cosmetici, bigiotteria, profumi di erboristeria, libri e, da qualche anno, creme antirughe. Ma stavolta voglio esagerare con le richieste, voglio chiederti tutto quello che di più consumistico, lussuoso, esondante, esagerato e costoso io possa desiderare.

Inizialmente avevo pensato a 3 viaggi: uno a Parigi, uno in Grecia e uno in Egitto. Ma in Grecia ci sono le rivolte popolari; in Egitto, aiutami a di’; facciamo un finesettimana a Parigi, e non se ne parli più, ok?

Una vacanza di una settimana in Sardegna, in Puglia o in Sicilia, a tua scelta.

Uno smartphone con traffico incluso vitanaturaldurante.

Un’auto nuova, possibilmente una Micra ultimo modello. Rossa.

Un paio di stivali neri.

Una boccetta di Baiser Volé.

Due televisori LCD, uno grande e uno piccolo.

Uno scooter 125. Nero.

Perché mi interrompi, Babbo? Cosa dici? Che queste sono cose che un bel po’ di persone ha già e non ha nemmeno avuto bisogno di scomodarti per ottenerle? Scusa, vecchia ciabatta, ma allora…di che crisi si va cianciando?

Sfogo non cutaneo

Il mio blog è nato come un diario pubblico. Mi divertiva scrivere le stranezze che mi capitano e fra le righe era chiaro quello che pensavo degli eventi che narravo. Non ho mai pensato che fosse un caso se su di me si concentrassero le azioni di tante persone particolari perché so da sempre che, tra tutte le persone strambe che popolano il mio microcosmo, la più stramba sono proprio io. E’ naturale che faccia da catalizzatore, portando a galla gli aspetti più singolari, comici, a volte ridicoli a volte commoventi, ma sempre umani, del mio prossimo. Ma il prossimo, come dice il termine stesso, è vicino a me, e non sempre gradisce vedersi attraverso i miei occhi. Soprattutto perché, automaticamente, pensa che se lui si è riconosciuto, tutti gli altri potranno riconoscerlo. E’ quindi subentrata, lentamente, una automoderazione nei miei post. Ho iniziato a selezionare gli argomenti da trattare, i protagonisti che hanno animato le vicende che accadevano, a chiedermi se Tizio piuttosto che Caia, ritrovandosi a torto o a ragione all’interno di esse, potessero sentirsi feriti, offesi, umiliati. Per quanto mi sia (quasi) sempre adoperata per cambiare i nomi e le situazioni, rendendole generiche o avulse dal contesto reale in cui sono accadute, è stato comunque arduo e a volte doloroso, scegliere e scartare, togliendo a me la consolazione dell’esercizio della scrittura ironica e autoironica, e ai miei non tanti lettori il pretesto di un sorriso sagace ma benevolo. Così un po’ per volta, il blog si è trasformato e snaturato. I post sono diventati sempre più rari, meno personali, più “normali”. Una mia amica, mi dice che i comici mi copiano, perché prima o poi fanno battute che ho già scritto su un post o su uno status du Facebook. Le ho risposto che in realtà non mi copiano (dubito che anche il più scalcinato dei comici perderebbe tempo a leggermi) ma partoriscono le stesse banalità di cui parlo e le ovvietà con cui le commento.

Mi chiedo allora se sia ancora il caso di tenere in vita un blog che ha perso il suo senso iniziale, se mai un senso ha avuto (cit. Vasco Rossi), in particolar modo in questo periodo in cui alle flebo dei post, in molti preferiscono le intramuscolari degli status sui social network. Immagino le considerazioni di chi mi leggerà: chi mi ama, dirà di continuare; chi mi sopporta, dirà di fare come voglio; la maggior parte, non dirà niente o penserà che cerco consensi. Non è così. Però con questo noioso post, né divertente né accattivante, ho voluto comunicare un piccolo disagio a una platea sempre più ridotta di lettori di blog, senza polemiche e, una volta tanto, senza ironia.