Fin da quando sono nata tutti hanno detto che assomiglio a mio padre. Mi raccontano che, quando l’ostetrica uscì dalla sala parto e mi mise in braccio alla mia nonna materna, lei mi guardò, sorrise e poi mi “passò” tra le braccia della consuocera, madre di mio papà, dicendole “Tieni, Maria. E’ “roba” tua”. In effetti, fisicamente, ho ben poco di mia madre. Non ho la sua altezza, né i suoi occhi, che sono azzurri e a pallucca come quelli di papà. Non ho i suoi capelli: lei li aveva lisci e sottili, i miei sono mossi, pesanti e voluminosi. Non ho la sua bocca, né la forma del viso. Lei, seno piccolo e fianchi rotondi. Io, tettona e con il bacino stretto. Nessun colore in comune, forse qualcosa nel tipo di naso, ma nemmeno tanto.
Il carattere poi, non ne parliamo. Lei forte, a tratti dura. Mai un cedimento emotivo, non perché non provi emozioni, ma per una sorta di naturale e schivo riserbo che le impedisce di mostrare debolezza e di trasmettere preoccupazione. Lei, che non ho quasi mai visto piangere, se non di rabbia quando, con l’anca malandata, non riusciva più a fare i lavori di casa con la stessa abilità di prima. Lei, fatalista tendente all’ottimismo. Spietata con le paure degli altri nel tentativo di nascondere il fatto che lei stessa ha paura. Lei che, quando mi sono separata, quando ero ammalata, quando piangevo di dolore e autocommiserazione, mi strapazzava per farmi reagire. Lei, che non ha mai capito che con me la linea dura non funziona, ma continua ad usarla perché è l’unica che conosce. Lei, la sua dedizione alla famiglia, la sua pazienza, la sua testardaggine, la sua superbia, la sua dolcezza, il suo non chiedere mai scusa e il suo non pretendere mai quelle degli altri. La sua incapacità di provare rancore per torti gravi e quella di perdonare sciocchezze.
Ho quasi cinquant’anni, mio figlio ne ha diciotto e non mi somiglia per niente, se non fisicamente. Non somiglia nemmeno al padre, a volte mi domando da quale strano miscuglio di elementi genetici sia uscito fuori. Ora io sono la mamma: quella che si preoccupa troppo, quella che dice “studia”, quella che parla a sproposito, che strilla, che si incazza e poi si scazza. Sono la mamma ansiosa ma indipendente; timorosa ma permissiva quanto. Insistente e complice, la mamma figa e rompipalle. Completamente diversa, ancora una volta, dalla mia.
Eppure…nei gesti quotidiani, nei modi di dire, nei comportamenti, in una serie di sfumature che vanno al di là del contesto di vita e dell’imprinting, dell’abitudine e dell’involontaria imitazione, io scopro ogni giorno e ogni giorno di più quanto io assomigli a mia madre. Nel rapporto con mio figlio e nel rapporto con lei, che, nella naturale meccanica che fa girare la ruota della vita, subisce sempre più spesso un ribaltamento dei ruoli che mi vede più protettiva nei suoi confronti. Un certo modo di carezzare i capelli, di affacciarmi ad una stanza senza motivo solo per vedere se chi c’è dentro sta lì e sta bene. L’intonazione nella voce nel rivolgere domande o nel porgere risposte. Persino le intuizioni, i pensieri, certi scatti nervosi, la tendenza a mostrare meno i sentimenti per non contagiare il malumore. Se il carattere resta più simile a quello di mio padre, le dinamiche con cui si manifesta si sovrappongono a quelle di mia mamma. A volte persino alcune espressioni del mio volto colte nell’immagine che mi rimanda lo specchio su cui mi soffermo raramente, mi evocano le sue espressioni.
Non mi sento deprivata dalla mia personalità, snaturata nel mio carattere. Sono sempre la stessa, nel bene e nel male, nei pregi e nei difetti, figa e rompipalle. Madre di mio figlio, figlia di mio figlio, figlia di mia madre, madre di mia madre. Da sempre e per sempre io. Io, come lei.
