Che novità!

Torno su questo vecchio palcoscenico e scopro che per caricare la pagina che permette di scrivere un nuovo post, appare la scritta “beep beep boop”. Già questo mi sembra un dato rilevante e perciò degno di nota.

Non vi racconto nei dettagli cosa mi è successo durante questo anno e mezzo. Sarebbe superfluo perché chi leggeva il blog ora più o meno mi segue su Facebook. Non sempre repetita juvant e questo è uno di quei casi.

Eppure di cose nuove ne sono successe. Ad esempio ho un nuovo lavoro. Ora faccio l’investigatrice privata. Un lapsus calami mi aveva portata a scrivere “investigatrice PRIVA”. Questo aggettivo la dice lunga di come proceda la mia nuova attività, sulla quale per dovere di riservatezza professionale e personale non mi dilungherò.

Un’altra novità è rappresentata dal fatto che sono più vecchia di circa 18 mesi. Questo non mi piace e sembra non piaccia nemmeno a chi mi circonda. Insomma, il tempo che passa si vede, eccome se si vede. Soprattutto perché con gli anni aumentano anche i chili. Non posso dire che sia grassa…opulenta mi sembra il termine più appropriato per descrivere le mie tettone incombenti e la mia pancetta più che botticelliana. E’ chiaro che c’è ancora chi mi vede giovane e magra: quelli più grassi e più vecchi di me, in primo luogo. Quelli che sono obnubilati dall’affetto nei miei confronti in secondo luogo. Gli ipovedenti in terza posizione. Ultimi, per importanza e numero, quelli che ci provano, che sono sempre meno…a dimostrazione del fatto che sono invecchiata e ingrassata.

Poi…Poi…ho conosciuto un’amica. Detta così suona strano, ma è quello che è successo. Una conoscenza virtuale mi ha condotta ad un incontro reale con una donna solare e affettuosa, una scrittrice simpatica e sensibile con cui è stata…empatia a prima vista. Lei è Loredana Limone e siccome non ha ancora uno spazio su Wikipedia, ho taggato il link al suo ultimo romanzo, chissà mai che non la conosciate e non vi venga voglia di fare anche voi amicizia con lei…

E poi dopo…i vecchi amici restano amici. Questo mi dà sicurezza, nostalgia, senso del tempo, mai noia. Qualche persona si è allontanata, ma non dal mio cuore. Altre si sono avvicinate, raramente alla mia anima.

E ancora…il Lollo sta bene. Lolleggia e trolololla come sempre, anche oltre la soglia della maggiore età. Tanto per dire…or ora si è affacciato in soggiorno nudo come un verme, perché in procinto di fare la doccia, per mettere il cellulare in carica. Prima no, dopo no…durante è l’ideale. Del resto, quest’anno avrà gli esami di maturità perciò è ancora nel pieno diritto di comportarsi come un pischello immaturo. Vorrei che qualche volta, quando rivendica la sua indipendenza, se lo ricordasse pure lui. Vorrei vantarmi dei suo meriti a scuola ma non lo farò. Sia perché i panni puliti si stendono in famiglia. Sia perché lui potrebbe tirarmi lo stendino in testa se lo facessi.

Ooooh. E poi c’è il capitolo “vita sentimentale”. Fine (cit. Sio).

E poi…basta. Basta e avanza per ora. Questo è un post generico e spero non sporadico. Dipende tutto da me e dai che mi verrà voglia di comunicarvi. In genere compongo dei post meravigliosi nei cinque minuti che precedono il sonno e come accade ai più il mattino dopo li ho belli che dimenticati. Magari la prossima volta mi segno due appunti…

Sono ancora qui

Molte, moltissime persone mi chiedono perché non aggiorno più spesso il blog (non è vero, non me lo ha chiesto nessuno). Rispondo volentieri ai miei tanti fans: non ho nulla da scrivere. Nulla di rilevante, di divertente, di interessante. Nulla o poco più. Che poi non ho capito se “più di nulla” è qualcosa o è ancora più niente del nulla. La mia vita galleggia su un mare d’olio. Nessun brivido, nessuna emozione. Il nuovo lavoro è interessante, divertente, se mi pagassero con più sollecitudine sarebbe perfetto, ma è fatto di cose coperte da segreto professionale, per cui nemmeno posso sfiziarmi ad entrare nei particolari. Potete immaginare quali siano quelli più gustosi, visto che si tratta di investigazioni private. Però posso fare una riflessione. Più vado avanti, più mi accorgo che al mondo ci sono disperazione, follia, insoddisfazioni, paranoie, insomma una sorta di masochistica tensione all’infelicità che porta la gente a perseguire risultati che anziché rendere più sereni, aiutano a scavare la fossa in cui tutti sembrano lì lì per buttarsi volontariamente e, oserei dire, quasi coscientemente. Poche persone vanno a caccia di speranze o di consolazione. Qualcuno coltiva qualche illusione, ma è comunque combattuto tra il desiderio di vedere confermate le proprie paure, e la paura di vedere realizzati i propri desideri. C’è chi indaga sperando di essere smentito. C’è chi si irrita perché invece viene smentito. Il risultato è che, in questo come in tantissimi altri campi su cui si svolgono le vicende dell’umano vivere, nessuno è mai contento. Quando poi si tratta di pagare la parcella, naturalmente, lo scontento aumenta. Ma anche questa è diventata prassi in voga ovunque.

E l’amore? Uno schifo. No, peggio che uno schifo, perché lo schifo presuppone qualcosa che sta andando male. Quindi, ci riprovo.

E l’amore? Zero. Così va meglio. Sempre in tensione verso l’isolachenoncè. Almeno fosse l’isolachecifà, invece nulla. Né c’è né ci fa. A volte sembra intravvedersi uno spiraglio nel buio. Macché, sono fuochi fatui, che non lasciano cenere, non sciolgon la brina. Aveva ragione il chimico di De André: “ma gli uomini mai mi riuscì di capire perché si combinassero attraverso l’amore. Affidando ad un gioco la gioia e il dolore. ” Non mi capisco nemmeno io, ma di fatto è così. L’amore è un gioco. Al massacro.

Il Lollo va bene. Magro come un chiodo, non mette un grammo. Sta in panciolle quasi tutto il giorno, godendo le vacanze estive dopo un anno scolastico più che soddisfacente. Lo lascio fare. Quando vedrò che i piedi metteranno radici sul tappeto del salotto e le mani cominceranno a gemmare, proverò a schiodarlo dalla poltrona. Ah, ma ogni tanto esce pure lui. Non ha amici dove vive, se non conoscenti dell’ambito scolastico. Però frequenta dei coetanei di un paese vicino. Anzi, delle coetanee. Tutte fanciulle, che, pare, apprezzano il suo sense/nonsense of humor. Gli ho chiesto se si sente a disagio in mezzo a tutte “femmine”. La risposta è “no, perché non fanno parte della categoria delle bimbeminchia”. Ogni tanto provo a capire se c’è qualcuna che gli fa perdere il sonno, ma dorme come un sasso. Non posso basarmi sull’appetito, perché mangia poco da quando è nato. Chiederglielo è inutile, mi ha già detto che pure se fosse non me lo direbbe, quindi mi tengo le mie curiosità materne, e aspetto di vedere se le mie sensazioni trovino riscontro. Sicuramente no, perché le mie sensazioni non risultano mai fondate su qualcosa di concreto. Sono praticamente priva del sesto senso di cui tante donne vanno fiere. A me sta bene che il Lollo esca con loro, non mi piacciono i gruppetti “maschi contro femmine” e vedo che lui riesce ad essere stronzo con i maschi quando si relaziona con i maschi; e stronzo pure con le femmine quando si relaziona con le femmine. Insomma, stronzo, come quando sta con me. Vedere che le cose non cambiano mi dà un senso di sicurezza, illusorio ma che consola. E poi, vuol dire che il suo carattere è quello, indipendentemente da chi frequenta. Sì, questo è molto rassicurante. Ci rivediamo in cronaca nera 😀

G come Galbusera?

Adam Ostrzenski, medico della clinica Institute of Gynecology di Saint Petersburg in Florida, sostiene che «il punto G è lungo 8,1 millimetri, largo 3,6 e spesso 0,4. Si trova sulla membrana dorsale perineale, a 16,5 millimetri dalla parte superiore del meato uretrale, orientato a 35 gradi rispetto al bordo laterale dell’uretra». Tutto chiaro no?

Venuto a conoscenza della scoperta, Lollo ha commentato: “E come si trova? Col GPS?”.

Lollosofia

Mio figlio, al contrario di me, è tipo da carpe diem, capace di trovare il positivo anche in pensieri “ultimativi”. Ma soprattutto, vuole sempre avere ragione.

Lollo: mamma, pensa se dopo la morte non c’è nulla.

Alianorah: se non c’è nulla non lo potrai sapere.

L.: ma sai che palle l’eternità in Paradiso.

A.: o all’ inferno. Dove però si starebbe in miglior compagnia, suppongo…

L.: il nulla invece è bellissimo.

A.: però, ripeto, non lo potresti sapere, perché non ci sarebbe nulla.

L.: vabbè…è bellissimo anche solo pensarlo.

Bye bye job

Il lavoro appena iniziato, sta per finire. Senza entrare nei dettagli di questa mia nuova, fallimentare esperienza, posso però accennarvi alcune caratteristiche dell’ambiente in cui ho fluttuato gravemente per tre mesi e un tot. Fluttuato gravemente è un ossimoro che mi si confà. Perché nonostante io prenda terribilmente sul serio ogni nuova impresa, dò un impressione di leggerezza ai limiti della superficialità che mi porta a interrogarmi sul perché e sul percome io sembri agli altri quella a cui non le va di fare un cazzo. E quel poco che fa lo fa senza particolare impegno. Che poi, alla fine, faccio tutto quel che mi viene chiesto e anche qualcosa in più, ma inevitabilmente sono i buchi quelli che vengono notati. Considero questo senza vittimismo, anche perché sono sicura che a moltissimi esseri umani di buona, ma non ottima, volontà, capiti questo. Tra i vari soggetti che ho conosciuto, non posso tacere del mio ex futuro collega, che chiamerò Mario, perché in effetti si chiama Mario. Nonostante sia convinta che sia una persona buonissima e generosa, posso affermare che in questo periodo di colleganza, ha fatto di tutto e di più per apparirmi come un vero stronzo. Tra le simpatiche cose che mi ha detto e ridetto, i veri tormentoni sono due: sono anziana e sono prolissa. L’anzianità non è dovuta tanto, secondo lui, ad un dato anagrafico, e ci mancherebbe anche, visto che ha soli quattro anni meno di me; quanto ad un aura di antichità che circonda la mia persona e che si manifesta soprattutto nel mio linguaggio. Eh sì, perché io parlo in italiano, e ho un vocabolario che travalica le 25 parole. Lo ammetto, a volte sono un po’ perifrastica, diciamo così. Se nella media si usano 10 parole per esprimere un concetto, la mia pedanteria mi porta ad utilizzarne almeno 5 di più. Ma cosa c’entra con l’essere antichi? Eppure Mario lo dice e lo ripete e, nell’occasione in cui ha conosciuto Lollo, gli ha espresso profonda comprensione per dover sopportare me. E l’erede ha perso istanteneamente l’aria da adolescente rimbambito che indossa ultimamente ad uso e consumo del prossimo per rispondere “eh, ma ormai dopo 15 anni ci ho fatto quasi l’abitudine!”. Sugli altri colleghi ho poco da dire: la segretaria del mattino, non la incrocio più, visto che io lavoro di pomeriggio. L’altra dipendente, non sono riuscita a capirla bene, ma ho la netta sensazione di starle parecchio sulle scatole. Il titolare deve essere stato assemblato in una fabbrica di orologi svizzeri per quanto è preciso, ma non si può dire non sia una brava persona, anche se il suo peso specifico è sicuramente maggiore di quello dell’elemento con maggiore peso specifico, che non ho la minima idea di quale sia, e infatti a chimica avevo quattro. Fa poche settimane li saluterò per sempre. Non ho avuto modo di affezionarmi a loro, ma sicuramente mi mancherà questo scorcio di nuova vita che non ho fatto in tempo ad assaporare; e soprattutto mi mancherà lo stipendio che smetterò di percepire. Insomma, tra tanti che si preoccupano delle pensioni che si allontanano, mi sento una mosca bianca: io la pensione non ce l’avrò mai, che mi preoccupo a fare?

Come si dice…?

Un paio di giorni fa, Lollo facendo zapping è finito su un canale che trasmette video musicali. Lo sento borbottare qualcosa tra sé e pongo attenzione a quello che viene trasmesso. Un tipo dall’aria anonima, con una voce non disprezzabile, canta strofe da cui riesco a estrapolare solo una frase “come si dice quando ti spiace”. Sorvolando sulla risposta che scatta automatica, cerco di cogliere il significato della canzone. Tentativo inutile, visto che non riesco a capire nemmeno le parole, nè ci riesce il Lollo nazionale che ora scuote la testa con disgusto e rassegnazione. Mi viene in aiuto San Google da Internet, inserisco le parole chiave di cui sopra, ed ecco…la canzone è degli Sugarfree (per intenderci, quelli di “Cleptomania”), si intitola “Lei mi amò” e il testo è il seguente:

mentre lungo i ponti
l’alba scorre e va
emigranti stormi
s’involano da qua

se un fiore è eterno
se il cosmo è fermo
come si dice
se ti dispiace

lei mi amò
io l’amai
certe sere
come mai
lei mi amò
io l’amai
come mai
ti lasciai

se l’amore è un tempio
l’amore non ci amò
e se un bacio è vento
al vento non soffiò

se un fiore è eterno
se il cosmo è fermo
come si dice
quando dispiace

lei mi amò
io l’amai
certe sere
come mai
lei mi amò
io l’amai
come mai
ti lasciai

se l’amore è un tempio

quanto respiro
per non fiatare
quanto respiro
per respirare
come si dice
quando ti spiace

lei mi amò
io l’amai
certe sere
come mai
lei mi amò
io l’amai
come mai
ti lasciai

se l’amore è un tempio

Siete arrivati fin qui? Complimenti vivissimi! Avete capito il significato di questa canzone? Se la risposta è sì, prima cosa siete dei geni; seconda cosa, me lo spiegate, ‘ché io proprio non ci arrivo? A parte l’uso originale, per quanto indiscriminato, del passato remoto (che riesco a ravvisare solo in canzoni come “Signorinella pallida” e “Come pioveva”, collocabili, appunto, in un passato remoto), non ho trovato altro che una serie di parole messe a caso, e diciamo caso, che non danno né un senso né un affascinante idea di nonsense.

Nel caso in cui non conosceste questa canzone, mi scuso per avervela propinata. Come si dice quando ti spiace? Ah, sì! Mi spiace!

Lollo again

Al TG5 un giornalista commenta la vicenda di Marina Berlusconi. Si parla delle polemiche sorte intorno alle presunte (?) leggi ad personam che si affiancano ad altre leggi ad aziendam. Lollo commenta “e a un uso del latino ad cazzum”.

Il mio ex marito, famelico e cicciotto, esce nel pomeriggio in giardino. Per impedire a Kira, la cagnoletta, di scappare dal cancello, le assesta una pedatina nel didietro che le strappa un guaito sonoro (ed esagerato). Lollo esclama “Ecco, dove passa papà…” e io concludo “…non cresce più l’erba?”. Senza colpo ferire, la peste chiosa “Esatto, perché si è mangiata pure quella”.

Mia madre, accarezzando Topo, il gatto superstite di una cucciolata che vedeva diverse femmine procreatrici in fieri, afferma: “Ah, quest’anno niente gattini! Non avrò la cacca da andare a togliere dal terrazzino”. E Lollo, prontamente “Se ti manca, posso andare a ca*are io qua e là”

Lo so, è in una fase di conclamata coprolalia, nel senso anche stretto del termine. Ma a me fa troppo ridere!

Forse non lo sai ma pure questo è amore…

Lollo: mamma, tu sei talmente bella…perché autostimi così poco te stessa?

Alianorah: (malcelando la commozione) non si dice “autostimi te stessa”…

Lollo: sì, vabbè STIMI te stessa. Anche i migliori sbagliano!

Alianorah: ecco perché mi stimo poco. Tutta l’autostima della famiglia te la sei presa tu!

P.S. comunque è ufficiale: sono pazza di mio figlio.

Piccoli Lolli crescono…

Ieri sera, domenica sei febbraio, quando sono tornata dal lavoro, Lollo mi si è presentato davanti con aria soddisfatta, esponendo la facciotta alla luce, ansioso di mostrarmi la NOVITA’.

Ieri, domenica sei febbraio, Lollo si è fatto la “barba” (i baffetti, per essere precisi) per la prima volta.

IL MIO BIMBOOOOOOOOOOO! 😀

 

Un elenco poco noioso. E buon Anno Nuovo!

Si dice sempre che tutto ha un prezzo, che la vita fa pagare ogni momento di gioia con monete di tristezza. Si dice anche il contrario, che più buio della mezzanotte non possa fare, che dopo il temporale torna il sereno e spunta fuori l’arcobaleno (la rima più trita della lingua italiana dopo cuore/amore e luna/fortuna). Io non sono una filosofa, anche se pare che i filosofi siano quelli che si fanno tante domande. In effetti il mio cervello è una fabbrica di perché, ma mentre quelli che ci capiscono provano a trovare le risposte, io, alla fine del perché ci vedo sempre e solo un punto interrogativo. Dove voglio arrivare? Ah, boh, non lo so nemmeno io. Mi metto alla tastiera con mezza idea, poi le dita cominciano a muoversi da sole, poco collegate al cervello, almeno in modo cosciente, e alla fine della fiera della mezza idea che avevo, non rimane nemmeno quella metà. Ma stavolta voglio coltivare il seme che mi ha spinta stasera sul mio blog, e ricollegandomi a quello che ho scritto all’inizio, mi permetto un minibilancio del 2010. Annus quasi horribilis, oserei dire, condito da preoccupazioni, frenesia, giorni che non si sapeva quando iniziavano né quando sarebbero finiti. Nè tanto meno COME sarebbero finiti. E’ andato, domani si chiude il conto, che pur non essendo in pari (i conti non lo sono mai), non posso dire sia negativo. Perché…perché alla fine sono qui, e ci sono anche quelli che contano. Perché si può passare attraverso l’inferno riportando ustioni curabili, perché mi reputo fortunata di poterlo dire, almeno stavolta, ancora stavolta. E se gli eventi della vita a volte sono, presi uno alla volta, come ciliegine poste sopra una torta di merda, io posso scrivere che la ciliegina per me è stata messa a parte. Ho trascorso un Natale sereno e allegro come non mi capitava da tempo, circondata dalle persone a cui tengo di più (a parte un paio di assenze giustificate), facendo la matta, ridendo e facendo ridere, immersa in un’armonia che mi legava agli altri con fili tanto più preziosi quanto invisibili. Percepire così l’affetto degli amici, e dei miei familiari, è uno stupore continuo, per me che masochisticamente cado spesso nel circolo vizioso del “nulla debbo avere perché non merito nulla…non merito nulla e quindi nulla avrò”. E cacchio, non è vero! Perché se proprio fossi quella pezza che a volte mi sento, non avrei vicino persone belle, vive e sane “dentro” come quelle che erano qui a Natale e con cui ho scambiato auguri, regali e affetto. Quindi qualcosa valgo e ne sono orgogliosa.  Grazie al caldo pensiero di Annamaria, a quelli profumati di Gianni e Teresa, a quelli utili di Francesca e Giorgio, a quelli eleganti e raffinati di Alessandra, Lilly e Natasha. A quelli amorevoli e insostituibili dei miei genitori e del mio Lollo (che mi ha regalato un fumetto che leggerà anche lui e dei pasticcini che ha mangiato lui 🙂 ). A quello giocoso di Valentino e al pensiero che verrà di Sandro. E grazie ai doni beneaugurali di Pino e della coppia di  matte che mi hanno regalato biancheria zoccolesca con cui, onta e vergogna, mi sono anche in parte esibita, per il divertimento degli astanti (niente di osé, ma un po’ di faccia tosta c’è voluta e no! Non vi mostrerò le foto della sottoscritta che fa lo striptease!). Grazie a Roberto, che ha esaudito un mio desiderio manifestato in un periodo insospettabile, con la sensibilità, la profondità e l’allegria che rendono la sua presenza nel mio mondo preziosa e la nostra amicizia una “conquista” di cui vado fiera.

Non mi soffermo sui particolari, che parrebbero uno sbrodolamento di vanagloria. Però…Maria, Pina…il vostro è il più bel regalo che abbia mai ricevuto in vita mia. E se non mi sono commossa sappiate che non è vero, mi sono commossa ma non l’ho fatto vedere. Qui lo dico e qui lo nego. E soprattutto…almeno smetterete di rompermi i maroni per non avervi citate in un post precedente tra le persone che più mi stanno a cuore 😉

E grazie a tutti coloro per cui il regalo non è entrare in un negozio e acquistare una cosa tanto per, ma costruire una sorpresa intorno ad un’attenzione, ad un’intenzione pensata proprio per “quella” persona. E “quella” persona, stavolta, ero io.

Buon inizio di Anno a tutti!